What’s up?
Come va? Che succede?
Quando Jan Koum nel febbraio del 2009 creò una nuova App che aveva la funzione di comunicare lo status del proprio cellulare (come ad esempio “sono in palestra” oppure sono “occupato”) a tutti i contatti che aveva in rubrica e che in breve tempo è diventato il programma di messaggistica istantanea che ha mandato in pensione gli SMS, non ebbe dubbi sul nome.
WhatsApp!!
E di cose a Jan Koum, che oggi a soli 39 anni è secondo Forbes uno dei cento uomini più ricchi del mondo, ne sono successe eccome.
Nato in Ucraina in una famiglia povera, emigrò in cerca di fortuna a Mountain View in California, insieme a sua madre e a sua nonna, quando aveva poco più di 16 anni. Sua madre si portò dietro in valigia un enorme numero di taccuini sovietici e penne per fornire il materiale scolastico al figlio e poter così risparmiare. Suo padre invece non si trasferì mai. Arrivati in America la madre sbarcava il lunario facendo la baby sitter mentre Jan si mise a fare lavori umili come spazzare in una bottega d’alimentari. Sua madre si ammalò poco dopo di cancro e cominciarono a vivere grazie all’assegno di invalidità di lei. Ricevettero per fortuna un piccolo appartamento con due camere grazie a un programma di un’Agenzia di Sostegno Sociale. Jan si iscrisse all’Università di San José University facendo un secondo lavoro come collaudatore di sicurezza, ma odiava la scuola e la sua grande passione era l’informatica che imparava in maniera autodidatta. Prendeva in prestito manuali di informatica da una bancarella di libri usati, e li riportava dopo averli letti. Si iscrisse in un gruppo di hacker chiamato w00w00 e si intrufolò nei server della Silicon Valley arrivando perfino a chattare con Shwan Fanning, il co-fondatore di Napster.
Persona irrequieta, rissosa e turbolenta, non riusciva ad inserirsi nella società americana, e tanto meno ad avere buoni rapporti con le donne: nel 1996 ricevette perfino un ordine restrittivo dal tribunale di San José che gli impediva di avvicinarsi a una sua ex che aveva verbalmente e fisicamente minacciato.
La svolta ci fu quando dopo aver fatto un colloquio con Yahoo! alcuni giorni dopo fu chiamato direttamente da David Filo: “Dove sei?” “Sono in aula” rispose Koum cercando di non farsi sentire dal prof che stava spiegando. “Che cazzo stai facendo in classe?”, disse Filo. “Alza il culo e vai in ufficio”. Il professore che si accorse della telefonata si arrabbiò tantissimo e redarguì lo studente. Ma dopo due secondi di esitazione, tra le urla del docente e lo stupore dei compagni, Jan Koum si alzò e se ne andò. Fu l’ultimo giorno che mise piede in un aula universitaria.
Alla Yahoo! però dopo nove anni di lavoro le cose non stavano andando come sperava. Il suo carattere irrequieto mal si conciliava al lavoro di dipendente. Conobbe là però il collega Brian Action, una persona che lo aveva aiutato quando sua madre morì nel 2000 e col quale si trovava molto bene. Decisero di licenziarsi: prima si presero un anno sabbatico per girare il Sud America, poi furono scartati entrambi da Facebook, infine decisero di fare un’azienda tutta loro.
L’idea era quella di approfittare del nuovo mercato che la Apple aveva lanciato tramite le APP e l’Apple Store. Koum vedeva in questo settore e nella mobilità un campo di applicazione importante. Infatti a differenza di Facebook o di altri social network che ti chiedono una marea di dati per poterti profilare e successivamente propinarti pubblicità, lui voleva che solo tramite il tuo numero di cellulare potevi rimanere in contatto con tutto il resto del mondo. Dire che sei a lavoro, oppure sei fuori, o in palestra, insomma applicare gli status delle chat, che erano già molto diffuse sul web, al cellulare, in modo da poter risparmiare tempo e batteria.
La società WhatsApp fu creata a febbraio del 2009: Jan Koum passò giornate intere a costruire il codice utilizzando i taccuini che sua madre aveva portato dall’Ucraina, a studiare i prefissi telefonici tramite Wikipedia e anche se l’App spesso andava in crash non mollava.
Quando la Apple lanciò il sistema delle notifiche nel giugno del 2009 il gioco era fatto: ogni volta che uno cambiava stato poteva avvertire il proprio network, in tempo reale e gratuitamente.
“Ehi come va? Io sono a lavoro!”
Qualcuno cominciò a rispondere ai vari stati e Koum si rese conto che aveva involontariamente sviluppato un sistema di messaggistica potente che poteva raggiungere chiunque avesse uno smartphone. A quei tempi c’era anche il sistema di chat del BlackBerry, Skype, G-Talk ma l’unico basato solo sui numeri telefonici era WhatsApp. Geniale!
Koum rilasciò la versione 2.0 di WhatsApp che implementava la parte di messaggistica e conteneva anche la famosa spunta di visualizzazione del messaggio e in brevissimo tempo, senza nessun tipo di lancio né tanto meno pubblicità, ma solo basandosi sul passaparola l’App ebbe un successo strepitoso.
La pubblicità è sempre stato il punto sul quale non volevano cedere.
Sapevano perfettamente che le altre compagnie della New Economy, come Google, Facebook, e la stessa Yahoo per la quale avevano lavorato, campavano prettamente dai proventi della pubblicità.
Sia Koum che Action non volevano assolutamente cedere a questa filosofia e misero l’App, dopo un periodo di prova gratuita, a pagamento. Ma tutt’oggi non trovate uno straccio di pubblicità su WhatsApp e loro stessi nel Blog WhatsApp con una citazione da un film cult con Brad Pitt:
“La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono!”
– Tyler Durden in Fight Club –
Il 19 febbraio 2014 Mark Zuckerberg di Facebook, annuncia l’acquisizione di WhatsApp per 19 miliardi di dollari. I motivi di questa scelta sono abbastanza semplici da individuare: quanto costano 600 milioni di numeri di telefono (e il database è in costante aumento) in giro per il mondo, perfettamente profilati, per contatti, luogo, tipo di cellulare, orari, etc.?
Jan Koum ha deciso di firmare questo accordo milionario proprio davanti all’Agenzia di Servizi Sociali che aveva aiutato in passato sua madre e lui ad andare avanti in un momento di difficoltà, in perfetto stile americano dove ognuno può avere un’opportunità.
Una delle novità più potenti del 2015 di WhatsApp sono le chiamate VoIP.
Tra i vari tastini in alto è comparso quello della cornetta telefonica. Potete chiamare qualsiasi contatto di WhatsApp, ma invece di passare dalla rete GSM, passate dalla rete dati, non spendendo un solo centesimo delle tariffe dei vari operatori col quale avete il contratto della SIM.
Ovvero…
Al posto di spendere per le chiamate avviene il consumo dati.
Quindi non è vero che le chiamate di WhatsApp sono gratis, ma sono subordinate all’effettivo consumo di banda che noi del VoIP sappiamo bene cosa comporti.
Prima di tutto se chiamate tramite 3G o 4G state consumando i Giga che avete a disposizione in base al contratto che avete sottoscritto con l’operatore di telefonia mobile.
Se invece chiamate dal Wi-fi di casa vostra un abbonamento a internet lo state già pagando. E più roba fate passare dalla vostra adsl e più essa deve essere potente, adeguata, stabile, costosa…
Se invece siete comodamente seduti a Starbucks all’estero e fate le vostre chiamate a un amico in Italia, il caffè che state bevendo lo state pagando, come la camera dell’albergo all’estero che avete scelto proprio per la connessione Wi-fi free, come il biglietto aereo nell’aeroporto che vi fornisce un’ora di internet gratis.
La domanda successiva è: quanto consuma WhatsApp?
In rete trovate diversi articoli che trattano questo argomento, basta fare una ricerca su Google.
Comunque dagli articoli che ho letto io la media sono circa 350KB in trasmissione e 350KB in ricezione per un totale di 700KB per una chiamata di un minuto. Se il vostro piano tariffario prevede, che ne so, 1 Giga al mese come il mio, se ogni Giga sono 1.024 MegaByte o 1.048.576 KiloByte, riuscirete a fare circa 1.500 minuti di chiamate prima di esaurire il credito.
Considerate infine che fare 1.500 minuti di chiamate con una numerazione VoIP con una tariffa neppure tanto bassa, ce ne sono di migliori, costa circa 15€…
Fatevi i vostri conti e ditemi se secondo voi le chiamate di WhatsApp sono gratuite.
E voi? Avete già fatto una chiamata con WhatsApp? Com’è la qualità? Dopo aver distrutto il mercato degli SMS riuscirà a stravolgere anche il mercato delle chiamate vocali?
Credo che Jan Koum, leggendo le vostre risposte, continuerà a segnarsele sui Taccuini Sovietici che sua madre si portò dietro quando lasciarono la loro terra in cerca di fortuna.
– Simone Terreni –
P.S.: Non cercatemi su WhatsApp. Non mi troverete.
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Note: Ho trovato la storia di Jan Koum e di WhatsApp su questo Articolo di Forbes
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